Intervista a David Riondino – Improvvisare a tavola: inventiva cubana in cucina

Intervista a David Riondino – Improvvisare a tavola: inventiva cubana in cucina

Lei conosce molto bene Cuba per le sue collaborazioni con i poeti improvvisatori, anche grazie al progetto di COSPE sull’arte del “Punto Cubano”. Può dirci come si mangia sull’isola?

La cucina cubana è buona ma diciamo che non è la Francia. Mangiano come in un Paese che ha dimenticato la grande tradizione culinaria, che probabilmente c’è stata perché dove c’è stata la Spagna c’era anche un retaggio culinario non indifferente… Fagioli dunque: i loro piatti tipici sono appunto i moros y cristianos, ossia riso e fagioli, riso bianco e fagioli neri. E poi mangiano costantemente maiale in tutte le forme. Ci sono anche dei bei polli, i cubani sono dei divoratori di polli, che mangiano arrosto sempre con dei fagioli. Hanno poi l’asado, l’arrosto, in genere. A me piace molto la ropa vieja, una specie di carne molto sfrangiata, una sorta di stracotto. Poi hanno tutte le cose che avevano inventato nel periodo speciale durante il quale non avevano alimenti, tra queste si ricorda la bistecca di toronca, ossia di pompelmo: la parte polposa della buccia, quella bianca, che è un po’ pastosa, veniva in qualche modo trattata, seccata, messa al sole così da farle perdere il sapore aspro, e poi alla fine veniva impanata. Somigliava a un’ostia di carne alla milanese.

Come si ritrova questa quotidianità nell’arte e nella cultura cubana?

Non l’ho mai assaggiato ma ti do l’idea dell’ingegnosità del cubano, inventavano queste cose qua, la bistecca di toronca. Ti posso dire che c’era un amico cineasta che si chiama Eduardo Deligano che ha fatto un film in cui lui s’immagina una guerra tra vegani e carnivori, come se fosse un po’ l’ultima spiaggia dell’ideologia: ergo non c’è più il comunismo e queste robe ma rimane una feroce battaglia dove si oppongono due fazioni. Quest’ingegnosità sul cibo ce le hanno anche dal punto di vista artistico. La grande necessità che hanno avuto negli anni 90/91 ha portato a vari aneddoti legati all’alimentazione. Dove c’è scarsezza e con la fantasia che hanno loro, sono nate molte storie, racconti…

Ce ne racconti uno:

In quel periodo tutte le famiglie erano tornate, anche in città, a essere un po’ come famiglie di contadini, per cui ad esempio avevano in casa il maiale. Tenere in casa un maiale in un appartamento senza un giardino capisci che è complicato quindi trovavano delle soluzioni, ad esempio lo tenevano nella vasca da bagno. Siccome faceva molto rumore un maiale, si narra che alle volte si tagliassero le corde vocali. Si narra anche che questi maiali per non mangiarli tutti insieme, li mangiassero un po’ alla volta grazie alle loro abilità chirurgiche… Cose che oscillano tra la leggenda metropolitana e il fatto vero, tutte le leggende metropolitane nascono dalle dilatazioni di fatti anche veri.  Sicuramente ci sono stati dei momenti molto complicati e loro hanno fatto come si fa sempre: il cibo è una necessità primaria e ce lo si procura.

C’è un cibo in particolare che ti è rimasto impresso di Cuba?

La frutta è buonissima e i dolci. Fanno dei dolci sempre col cocco o cose simili, e hanno la frutta migliore del mondo: gli avocado, i mango… Son deliziosi. Pesce invece ne mangiano poco anche se può sembrare strano perché si tratta di un’isola, ma come spesso capita nelle isole non amano molto il pesce.

Hai visto delle differenze tra le tavole italiane e quelle cubane, come si presentano?

La tavola cubana si presenta con molta allegria: colori, un decoro molto allegro. Qui avevano inventato negli anni del Periodo Speciale il paladar, che consisteva nella possibilità di aprire trattorie in case private, purché non superassero le dodici sedie. Tutte le case private sono così diventate dei punti di passaggio turistico, si andava a mangiare a casa della zia Pina, con la zia di là che dormiva o stava sulla poltrona e te che mangiavi in salotto. E si vedeva la casa. Di questi paladares alcuni sono rimasti, sono diventati più grandi, hanno superato ampiamente le dodici persone, altri hanno assunto toni anche molto chic, perché spesso sono in case bellissime, come capita nelle città coloniali. Anche questo dimostra come, con l’inventiva, siano riusciti a trasformare una crisi in una risorsa, in questo caso in chiave turistica perché questi paladares avevano un forte appeal turistico. Questo è tutto quello che posso dire sul cibo cubano, nonostante non sia un grande gastronomo!

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