Mary Ntjangase ci ha accolti di prima mattina nella sua homestead, l’abitazione tradizionale delle zone rurali dello Swaziland. Con grande soddisfazione, ci mostra subito il deposito dove la famiglia custodisce il prezioso frutto della raccolta appena conclusa: sei varietà di tindhlubo, fagioli africani tipici delle zone semi-aride, sorgo e altre leguminose. L’orgoglio della famiglia nel mostrare una ricca varietà di prodotti è palpabile ed io, Giorgio e Fabio rimaniamo entusiasti nel vedere una biodiversità locale così varia. La mia prima visita sul campo si prospetta estremamente interessante, e il contatto con Mary è un punto di partenza che mi da’ una chiave diretta per cominciare a studiare e lavorare nelle comunità rurali swazi. Nelle comunità africane, l’agricoltura si presenta come un’attività prevalentemente femminile e Mary rappresenta un’importante spina dorsale nel sostenimento familiare e nella preservazione della biodiversità locale. Insieme alle altre donne incontrate nella mattinata, fa parte di un’associazione locale di ventisei agricoltori che, curiosamente, è composta da sole donne. Mary vive con la sua famiglia, composta da 3 adulti e 6 bambini, nella comunità di Mapungwane e coltiva un appezzamento di quattro ettari sulle colline dell’altopiano del Lubombo, una bassa catena montuosa che si snoda tra Sudafrica, Mozambico e Swaziland. In questa particolare area agro-ecologica si è sviluppato un interesse alla preservazione delle risorse naturali e sicuramente il mosaico delle diverse comunità che abita il Lubombo contribuisce all’importanza naturalistica e culturale della regione. In questo panorama che mi sembra sterminato, l’insieme di piccole homestead sparse a vista d’occhio dischiude giardini, recinti per il bestiame e campi rossi da poco arati. Le varietà tradizionali di cui le donne contadine sono custodi rappresentano un ricco patrimonio comunitario. I tindhlubo, o jugo beans, sono parte integrante dell’agricoltura e della cultura locale: rotondi e di diversi colori, crescono sotto terra e resistono particolarmente a lunghi periodi di siccità, diversamente dagli altri fagioli che si trovano maggiormente nei banchi dei mercati e supermercati. In un contesto globale e locale sempre più dominato da cambiamenti climatici che non hanno risparmiato neanche questa zona, questi fagioli si rivelano particolarmente preziosi. Come ci ha raccontato Mary, e con lei le altre tre donne intervistate questa mattina, i tindulubo seminati all’inizio della stagione delle piogge, tra ottobre e febbraio, hanno dato i risultati più soddisfacenti. Il mais, che qui costituisce la base per la polenta locale, il pap, ha dato un raccolto scarso: affrontare le prossime stagioni agricole senza un cambiamento di tecniche di gestione agricole e di sementi potrebbe portare a situazioni molto critiche per le comunità locali.
Anche Virginia, un’altra donna della stessa associazione di contadini di Mary, riporta le stesse problematiche: raccolto scarso a causa della siccità e una difficoltà a introdurre nel mercato ad un prezzo equo i prodotti della loro terra, principalmente fagioli e mais. In questo contesto, il programma EcoLubombo- filiere del cibo- potrebbe fare una differenza non trascurabile: sviluppare l’accesso ai semi locali e non ibridi e un sistema di stoccaggio e impacchettamento dei fagioli prodotti dai contadini della rete. Dumsile, una vicina di Virginia, ha incontrato molte difficoltà nel difendere il suo raccolto di fagioli dal bestiame dei vicini che, già visibilmente denutrito, è andato alla ricerca di cibo anche in terreni dove il raccolto doveva essere ancora completato. In queste drammatiche condizioni di siccità, la competizione per le scarse risorse tra allevatori e coltivatori fa saltare le regole consuetudinarie e rende essenziale la costruzione di recinzioni adeguate. Visitare direttamente le comunità mette in risalto la ricchezza e le problematiche che investono le aree rurali in Swaziland e ci aiutano a capire come impostare questo primo modulo del programma “filiere del cibo”: puntare sulla biodiversità locale è anche il primo passo per assicurare valore aggiunto ai prodotti che verranno distribuiti sul mercato.