“Terre et Paix” non è solo il titolo del progetto finanziato dall’UE a cui stiamo lavorando a cavallo tra Senegal, Niger e Mali, ma è una speranza. Qualcosa che davvero stiamo riuscendo a costruire giorno per giorno con i ragazzi coinvolti, insieme al nostro partner locale, il Consiglio Nazionale dei Contadini (CNCR) che ha come missione il miglioramento della vita dei contadini, e soprattutto delle nuove generazioni. Sono tutti giovani, sotto i trent’anni, delle zone rurali di questi tre Paesi che condividono un passato e un presente di conflitto e instabilità e dove i sogni delle nuove generazioni si infrangono di fronte a sistemi corrotti e scarse possibilità per l’impiego e per il futuro.
In Senegal, in particolare, lavoriamo in Casamance, il cosiddetto granaio del Senegal, per la sua ricchezza di coltivazioni che vanno da cereali come miglio, riso, mais, ai rigogliosi frutteti familiari, pieni di manghi, arance e papaye. Nonostante questo, soprattutto a causa della guerra definita di bassa intensità, ma pur sempre guerra, scatenata dal Movimento delle Forze Democratiche (MFDC) più di 30 anni fa per richiedere l’indipendenza della Casamance, ma più che altro riconoscimento di questa terra e dei popoli che ci vivono, sono molto diffuse la malnutrizione e l’insicurezza alimentare. I giovani a volte non vedono altre possibilità che unirsi ai cosiddetti ribelli, che oltre a mantenere l’insicurezza nella regione spesso si riciclano in altre attività illecite (commercio di droga e armi), oppure tentare la strada della migrazione.
“Terre et Paix” serve a fermare questo stillicidio, a dare un’alternativa di lavoro nella propria terra. E i giovani rispondono bene: soprattutto quando parliamo della conversione agroecologica: un metodo di coltivare che rispetta l’ambiente, che nel lungo periodo darà alle famiglie sia la possibilità di nutrirsi in modo sano che di guadagnare un surplus di reddito per potersi permettere di soddisfare bisogni non alimentari:istruzione, strumenti di lavori, vestiti, etc…
Sono circa 30 i ragazzi e le ragazze dei villaggi di Diouloulou, Djinaky, Thionck-essyl che partecipano alle nostre attività e non avevano mai sentito parlare di agroecologia. Sono Fatou, Mami Seydi, Bitta, Insa e tanti altri… Dopo le prime formazioni si sono appassionati subito: alla pratica, alla filosofia e agli esempi positivi. Tanto che molti di loro presenteranno dei piccoli progetti basati su questo approccio che poi saranno finanziati e portati avanti da loro nei prossimi anni. Intanto si sono riuniti e hanno coniato un motto: “La gioventù della Casamance unita per lo sviluppo” e usano anche come una sorta di slogan “Terre et Paix”. Vedo entusiasmo e voglia di fare. Qualcuno di loro ha deciso di non emigrare in altre regioni o addirittura all’estero per vedere se questo nuovo progetto che aiuterà i giovani a rimanere e vivere nella loro terra in modo dignitoso per sé e le loro famiglie. Uno di loro aveva ricevuto una “buona” proposta economica per unirsi a un gruppo jihadista ma ha deciso di rifiutare e rimanere. L’agroecologia non è solo un approccio tecnico ma agisce sulla società, l’ambiente e l’economia. Le storie che sento e che mi circondano sono di persone che finalmente possono scegliere. E questo mi sembra il miglior risultato del nostro lavoro.