Fino a pochi mesi fa, la Hosterìa San Girolamo, un alberghetto lungo la strada che dalla sierra scende fino alla costa, era quasi abbandonata. Ci fermavamo lì durante le visite di campo nella zona del caffè, nella provincia del Carchi. Ora è sempre piena, il ristorante è un via vai di clienti: quasi tutti minatori. Nel nord dell’Ecuador, infatti, la catena andina occidentale è ricca di giacimenti d’oro. Alcune zone sono già state date in concessione alle imprese, altre non ancora. Ed è iniziata così l’estrazione mineraria illegale. Centinaia di persone sono arrivate da tutto il paese: guadagnano più di 100 dollari al giorno, mentre una giornata come bracciante in un cafetal, piccolo campo di caffè, viene pagata 15-20 dollari. Un cartello affisso nella piazza di Gualchán, una comunità nei dintorni, avverte che un minatore “artigianale” illegale rischia una multa di diverse centinaia di dollari, soprattutto in caso di danno ambientale. Ma questo non è un deterrente, nessuno teme di essere multato.
A pochi metri di distanza dalla strada di accesso alla miniera, c’è un posto di blocco della polizia e un ufficio mobile del Ministero dell’Ambiente: tutti i giorni sfilano indisturbati migliaia di minatori, camion pieni di terra e pietre da cui estrarre l’oro. Di recente c’è stato anche un incidente: è crollato un tunnel e sono morte 4 persone. La miniera è la fine di tutto. Si distruggono le montagne, si inquinano i fiumi di una zona che è un’importantissima risorsa idrica del paese. Ma non finisce qui, la miniera cambia il tessuto sociale, si diffondono violenza, alcolismo e prostituzione, nel frattempo i campi si svuotano e diventa sempre più difficile trovare persone disponibili a lavorare nella filiera del caffè.
Perfino alcuni produttori hanno lasciato temporaneamente la loro finca per andare a cercare oro. Qui non c’è praticamente stata opposizione all’estrazione mineraria, vista come un’opportunità di sviluppo, senza considerarne gli effetti devastanti. Anche nella provincia di Imbabura, nella valle del rio Intag, è ricominciata l’attività mineraria. Aacri, associazione di cafficoltori con cui lavoriamo, è stata in prima linea nella difesa del territorio dalla mineria.
Per anni sono riusciti ad opporsi e a difendere il territorio. Oggi, nonostante i cartelli “Intag libre de mineria”, gran parte del territorio è stato dato in concessione e alcune imprese sono già in fase di esplorazione avanzata. Aacri adesso non si oppone con la stessa energia di una volta: i figli di alcuni soci lavorano nelle imprese di estrazione. In questo contesto, la filiera del caffè rappresenta un’alternativa sostenibile alla miniera. Per questo il lavoro di COSPE in queste zone è importante: attraverso l’applicazione dei principi dell’agroecologia e dell’economia sociale e attraverso il rafforzamento delle associazioni, promuoviamo uno sviluppo rurale rispettoso dell’ambiente e della biodiversità e giusto nei confronti dei piccoli produttori.