Il primo impatto con Cuba, quello che ti balza agli occhi appena messo il piede fuori dall’aeroporto internazionale José Martí, è ovviamente quello da cartolina: le auto americane degli anni ’50, i manifesti della propaganda, le decadenti case coloniali alternate ai palazzi in stile sovietico. Ovviamente Cuba è molto più di questo e dal mio arrivo nel paese, poche settimane fa, sto ancora cercando di andare oltre lo stereotipo di un paese così legato ad un’idea. Sicuramente, parlando da agronomo, una prima sorpresa Cuba me l’ha già riservata: sì, perché in questo paese una transizione, seppur ancora moderata e lenta, verso un diverso approccio all’agricoltura è stato imposto dagli eventi e dalla storia. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, infatti, il paese si è visto costretto a rimodellare il proprio processo produttivo, anche nelle campagne: continuare a puntare sui combustibili fossili era impossibile e insostenibile e dopo anni di fame (e fame nera!) il sistema produttivo agricolo cubano non ha avuto altra scelta che aprirsi a metodi produttivi come l’agricoltura biologica, l’agricoltura di conservazione, l’agroecologia e addirittura la permacultura. Parole innovative e purtroppo ancora di nicchia anche alle nostre latitudini.
Le poche risorse pubbliche a disposizione hanno comunque limitato lo sviluppo di un sistema produttivo capace di soddisfare il fabbisogno della popolazione ed è qui che si inserisce il progetto “Via Lactea”, al suo terzo anno di realizzazione. Il progetto, finanziato dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo e dalla Regione Toscana, è realizzato da COSPE in collaborazione con l’Associazione nazionale dei piccoli agricoltori (Anap), l’Associazione cubana di produzione animale (Acpa), le imprese pubbliche di trasformazione del latte, centri di ricerca e Università dell’isola. Con questa iniziativa si intende favorire l’innovazione, i servizi di supporto al settore lattiero-caseario e la formazione professionale dei produttori. Allo stesso tempo si promuovono il rafforzamento delle cooperative cubane già esistenti, valorizzando le risorse locali e aumentando la partecipazione femminile durante la fase di produzione casearia, con un approccio di sostenibilità ambientale nel miglioramento delle tecniche di produzione agricola.
La filiera agroalimentare del latte a Cuba è molto varia e nella pratica è un sistema che non mostra una reale integrazione. Sebbene vi sia uno stretto coordinamento formale tra i diversi segmenti della filiera, non vi sono forme organizzative integrate che consentano di sviluppare una filiera lattiero-casearia sostenibile ed indipendente, non potendo quindi prescindere dal continuo sostegno dello Stato. Cuba ha terra, animali e persone pronte a sostenere un cambiamento sostenibile nel settore ed il progetto, a fianco del settore pubblico, sta accompagnando le cooperative di produzione in questa direzione.
Una delle principali attività dell’ultimo anno di progetto, sarà la creazione di un’esperienza pilota di coordinamento locale del settore, che garantisca da una parte la qualità del prodotto e la riduzione delle perdite di latte, dall’altra la realizzazione di un’esperienza di filiera completa e sostenibile, dalla produzione alla vendita. L’esperienza pilota è appena stata avviata ed avrà come area di riferimento il Municipio di Colon, nella Provincia de Matanzas. La scelta di concentrarsi su di un unico municipio, deriva dalla considerazione che la singola municipalità sia il nucleo fondamentale dell’organizzazione della filiera del latte. Allo stesso tempo però il rafforzamento dell’esperienza pilota a livello comunale, ci permetterà di proiettare i risultati (sia a livello di modalità di coordinamento che di advocacy) a livello provinciale e nazionale. Il modello ha come premessa l’integrazione dei vari passi della filiera, ma allo stesso tempo punta al cambiamento di mentalità degli attori coinvolti: vedere la filiera del latte come un tutt’uno nelle proprie mani!